Nell’articolo precedentemente apparso su questo blog mi sono occupato dell’apertura di un fitness club ventiquattro ore su ventiquattro. Strettamente correlato a questo argomento è quello della sicurezza e della sorveglianza.
Tra i principali sistemi con i quali si mira a garantire la sicurezza di un club spicca la videosorveglianza il cui scopo è duplice: da un lato proteggere i beni (arredi, macchine, attrezzature, ecc.) di cui il club è dotato, dall’altro proteggere i frequentatori stessi del club anche attraverso l’efficacia deterrente che la presenza di telecamere comporta (si pensi ai furti).
La videosorveglianza pone una serie di problemi giuridici, soprattutto in materia di privacy. E’ infatti evidente che la possibilità di riprendere delle persone costituisce per costoro una limitazione della loro libertà di agire e di essere che, per quanto giustificata dai fini suddetti, merita comunque di essere tutelata.
Della materia si è occupato il Garante della Privacy che il 29 aprile 2004 ha emanato un provvedimento sulla materia intitolato “Provvedimento generale sulla videosorveglianza”. Vediamone sinteticamente le prescrizioni.
Il provvedimento stabilisce innanzitutto che l’adozione di un sistema di videosorveglianza deve ispirarsi ai seguenti quattro principi fondamentali: liceità, necessità, proporzionalità e finalità.
Liceità significa che la videosorveglianza deve essere effettuata nel rispetto delle norme di legge ad essa applicabili che sono, oltre alle norme sulla protezione dei dati personali (privacy), quelle di carattere civile e penale ad es. sulle interferenze illecite nella vita privata, sulla tutela della dignità, dell’immagine, del domicilio e degli altri luoghi cui è riconosciuta un’analoga tutela (ad es. toilette, stanze d’albergo, cabine spogliatoi, ecc.). Vanno inoltre osservate le norme sulla tutela dei lavoratori, con particolare riferimento allo Statuto dei lavoratori, e le norme penali che vietano le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni.
Il principio di necessità si basa sulla considerazione che l’installazione di un sistema di videosorveglianza comporta per il cittadino un vincolo o una limitazione e, in ogni caso, un condizionamento. Pertanto, bisogna astenersi dall’uso superfluo di un sistema di videosorveglianza evitando eccessi e ridondanze. Ad esempio, va evitata la possibilità di identificare le persone individualmente laddove le finalità della videosorveglianza non rendono tale identificazione indispensabile. Infine, il software deve essere programmato in modo tale da cancellare periodicamente e automaticamente i dati registrati.
Secondo il principio di proporzionalità la configurazione di un sistema di videosorveglianza deve essere rapportata al grado di rischio presente in concreto. Va quindi evitata, ad esempio, l’installazione di telecamere in aree che non presentano rischi, come quando ciò avviene per un mero fine di apparenza e di prestigio. Nello scegliere un sistema di video sorveglianza non vanno privilegiate le scelte meno costose, meno complicate o di più facile attuazione se esse non tengono conto dei diritti delle persone sorvegliate. Vanno inoltre evitate le installazioni di impianti “finti” i quali, sebbene non idonei a riprendere le persone presenti in un luogo, costituiscono pur sempre un’indebita ingerenza nella libertà di dette persone a causa della loro idoneità a condizionarne il comportamento. Naturalmente il principio di proporzionalità non è da intendersi in modo rigido. Esso consente invece un ampia possibilità di scelta in rapporto alle esigenze specifiche del caso.
In ultimo il principio di finalità riguarda gli scopi per i quali si dispone un sistema di videosorveglianza. Detti scopi devono essere determinati, espliciti e legittimi. Determinati ed espliciti significa che devono essere individuati e resi conoscibili attraverso idonee comunicazioni e/o cartelli al pubblico. Legittimi significa che devono essere di pertinenza del soggetto che si dota dell’impianto di videosorveglianza. Ciò comporta, ad esempio, che soggetti privati non possono adottare sistemi di videosorveglianza per il fine generale di scoprire dei reati in quanto ciò spetta alle autorità di pubblica sicurezza, ma possono invece farlo per agevolare il loro diritto di difesa in eventuali processi civili o penali tramite l’uso di immagini relative a fatti illeciti compiuti nei loro locali.
Esaminati i principi posti alla base dell’adozione di un sistema di videosorveglianza, vediamo quali sono gli adempimenti che il titolare deve osservare in relazione alla sua implementazione.
Innanzitutto, il titolare deve informare adeguatamente gli interessati circa il fatto che stanno per accedere o che si trovano in un’area sottoposta a videosorveglianza e circa l’eventuale registrazione delle immagini e dei suoni. Teoricamente l’informativa deve contenere gli elementi previsti dall’art. 13 del Codice della Privacy (D. Lgs. 196/2003) ma il Garante ha individuato una forma sintetica di informativa minima che si riporta in allegato al presente articolo. Tale informativa deve essere posizionata nei luoghi ripresi dalle telecamere o nelle immediate vicinanze. In caso di più telecamere sono necessari più avvisi. Gli avvisi devono avere un formato ed essere posizionati in modo da essere chiaramente visibili.
Vanno poi osservate alcune prescrizioni specifiche tra cui spicca l’obbligo di sottoporre alla verifica preliminare del Garante i sistemi di videosorveglianza che prevedono una raccolta delle immagini collegata e/o incrociata e/o confrontata con particolari dati personali (ad es. biometrici) oppure con codici identificativi di carte elettroniche o con dispositivi che rendono identificabile la voce. La verifica preliminare del garante occorre anche in caso di digitalizzazione o indicizzazione delle immagini e in caso di videosorveglianza c.d. dinamico-preventiva (cioè che non si limita a riprendere staticamente un luogo ma rileva altri comportamenti). I suddetti trattamenti devono essere preventivamente autorizzati dal Garante quando riguardano dati sensibili o giudiziari. L’esame preventivo del garante non è invece necessario al di fuori dei casi suddetti.
Vanno inoltre identificate per iscritto le persone fisiche incaricate del trattamento che sono autorizzate a all’uso dell’impianto di videosorveglianza e a visionare le registrazioni. E’ importante che si tratti di un numero molto limitato di soggetti.
I dati raccolti devono essere protetti mediante idonee misure di sicurezza limitando al massimo i rischi di distruzione, di perdita, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta.
Quanto alla durata della eventuale conservazione dei dati raccolti, essa deve essere commisurata al tempo necessario a raggiungere le finalità perseguite. Pertanto, la conservazione dei dati deve essere limitata al tempo minimo necessario (poche ore) e in ogni caso non può eccedere le ventiquattro ore, fatte salve esigenze legate a periodi particolari (ad es. festività, chiusura temporanea dell’esercizio) o richieste dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria ai fini di ricerche investigative. Solo in casi specifici, dovuti a peculiari esigenze tecniche o alla particolare rischiosità dell’attività (ad es. banche) è ammesso un periodo di conservazione più lungo che non può comunque eccedere una settimana.
Da segnalare, infine, che tutte le scelte relative ai punti precedenti devono essere adeguatamente documentate in un atto conservato presso il titolare del trattamento ai fini della loro esibizione in caso di ispezione o per l’esercizio dei diritti delle persone riprese.
Da quanto precede risulta evidente che la scelta di un sistema di videosorveglianza non si esaurisce nella mera individuazione del sistema più idoneo, dal punto di vista tecnico, a raggiungere gli scopi prefissati, ma deve tenere conto degli aspetti giuridici sopra richiamati per far sì che non si risolva in un’indebita ingerenza nella privacy di coloro che frequentano un determinato luogo. Ciò posto, ritengo che nel caso di clubs aperti ventiquattro ore su ventiquattro, ovvero privi di personale (come succede in alcuni club low cost, specialmente all’estero), l’esigenza di rafforzare la protezione del club stesso e dei suoi frequentatori possa giustificare il ricorso a sistemi di videosorveglianza più “invasivi” e sofisticati, purché si tengano sempre presenti i principi posti dal provvedimento qui commentato e in particolare il principio di proporzionalità.